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29 03 2013 | Rimini | Biodigestore Ca’Baldacci, Rimini Uptown chiede il ritiro della certificazione di qualità

Venerdì, 29 Marzo 2013

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Rimini | Biodigestore Ca’Baldacci, Rimini Uptown chiede il ritiro della certificazione di qualità


Il comitato Rimini Uptown, quello dei residenti di San Martino alle prese con il collaudo del biodiegstore Hera Ca’Baldacci ha scritto oggi al comitato di certificazione ambientale Emas per contestare l'uso del marchio di qualità ambientale da parte della società nell'impianto. La lettera è corredata di foto, mappe  e rassegna stampa.


Abbiamo dettagliato in modo preciso - spiega Mauro Franceschini – perché secondo noi l’impianto non dovrebbe avere quella certificazione che, tra l’altro consente al gestore, in cambio del rispetto di tutta una serie di regole (tra cui una relazione annuale), di avere dei benefici. Per esempio quello di non avere controlli dal punto di vista della sostenibilità ambientale per otto anni contro i canonici cinque”.


Innanzitutto, “la zona non è scarsamente popolata come viene riferito in tutte le dichiarazioni ambientali, anzi. A differenza di altri impianti (Tessello e Voltana in Emilia Romagna) la zona su cui insiste l’impianto di Cà Baldacci è di pregio e tutt’altro che scarsamente popolata. Anche a poche centinaia di metri vi sono numerose abitazioni, agriturismi, ristoranti oltre ad asili nido chiese e scuole materne”. Insomma le informazioni riportate dal gestore nella relazioni annuali sarebbero perlomeno “ambigue”.


Altro punto, quello del coinvolgimento della popolazione. “L’impianto ha usufruito di finanziamenti ed incentivi economici pubblici ed europei. Nonostante questo e l’assoluta mancata partecipazione e coinvolgimento dei residenti, il gestore nel proprio bilancio di sostenibilità si pregia di avere un codice etico in cui all’articolo 58 ‘s’impegna a prestare attenzione alle sollecitazioni provenienti dalle comunità in cui opera, realizzando iniziative di consultazione, informazione e coinvolgimento. Ciò vale in modo particolare per le comunità insediate nei pressi dei propri impianti. L'impegno del Gruppo è più significativo nei territori in cui costruisce o potenzia impianti di smaltimento di rifiuti o di produzione di energia elettrica’”.


Tornando alla relazione annuale da parte del gestore, secondo il comitato, le “comunicazioni relative ai reali impatti fuorvianti ed ambigue. Nelle comunicazioni del gestore il riferimento al reale impatto dalle emissioni in atmosfera degli inquinanti dovute alla combustione di milioni di metri cubi di biogas sono omesse, minimizzate e fuorvianti”. A ciò si aggiunge che il “reale impatto inquinante delle emissioni convogliate negato e poco trasparente. A seguito di rimostranze e sollecitazioni dei residenti di fronte allo stato di fatto, in un articolo del Corriere di Rimini in data 19 gennaio 2013 l’impatto emissivo di cui al punto precedente viene addirittura caratterizzato come “vapore” dall’ing. Galli, amministratore delegato di Herambiente. Nella realtà l’emissione di inquinanti relativa all’attività di recupero energia è molto rilevante. Soprattutto per i residenti. In seguito Hera (ing.Piraccini) ha dichiarato ufficialmente, in un incontro pubblico svoltosi presso il Comune di Rimini, che il livello di emissioni è pari al quello di 40 caldaie a metano domestiche. Tecnici indipendenti hanno calcolato che l’impatto reale può essere assimilato a migliaia di caldaie a metano e relative emissioni”.


Eluse le “prescrizioni paesaggistiche delle autorizzazioni ambientali precedenti” che “non sono state attuate in modo corretto ed efficace. Il danno paesaggistico è evidente ma negato. Viene affermato dal gestore che il preesistente impianto non ha subito aumento di volumetrie e nemmeno espansioni. Nella realtà, anche visivamente le dichiarazioni appaiono incongruenti ed ambigue. L’impatto visivo sul territorio è devastante. I volumi sono aumentati e le caratteristiche del progetto tendono addirittura ad aumentare la percezione dei volumi. Sono stati realizzati almeno tre nuovi locali ed una enorme vasca di raccolta. Non c’è nessuna integrazione con il territorio e nemmeno pare essere stata cercata. Per la mitigazione dell’impatto la struttura è stata ricoperta di pannelli di alluminio che aumentano del 56% l’altezza del precedente impianto”.


Poi c’è la questione dell’“inquinamento luminoso ed acustico documentato dimostrabile dopo la messa in esercizio del nuovo impianto. Nessun rispetto per la popolazione residente. A seguito dell’entrata in esercizio del nuovo impianto si è avuto un immediato ed evidente peggioramento delle condizioni di sostenibilità ambientale sofferte dagli abitanti. Condizioni di estremo inquinamento luminoso ingiustificato e documentato e rumorosità estrema documentata da tecnici abilitati hanno messo subito a dura prova la qualità della vita degli abitanti”.


Infine, l’incidente del 4 marzo, quando “presso l’impianto si è levata una nuvola di biogas a seguito di un forte rumore, le sirene di allarme hanno suonato ininterrottamente per oltre un’ora mettendo in apprensione la popolazione e costringendola a chiamare le autorità. Diversi abitanti della zona riferiscono di aver visto una nuvola di biogas levarsi dall’impianto a seguito di un botto la notte del 4 marzo. Alcuni riferiscono di avere avuto fastidiosi sintomi. A seguito di questo incidente le dichiarazioni del gestore sono state contraddittorie, ambigue e per nulla rassicuranti anche se tese a minimizzare. Le indagini sono ancora in corso. La Provincia di Rimini ha emesso un provvedimento di diffida nei confronti del gestore in relazione all’accaduto”.


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